Italo Cucci ha commentato così nel suo consueto editoriale sul Corriere dello Sport:
Tira più un sopracciglio di Ancelotti di una coppia di buoi. Il Napoli perde, i media si esaltano, i critici sparano. Passi Sconcerti, ieri anche Bergomi ha dato lezioni a Ancelotti. Il Sor Carlo è sfortunato: mentre il Mourinho perdente se la cava con battute filosofiche e bancarie (l’ultima è buona: “Non possono licenziarmi perché costo troppo”) lui rivela l’interno affanno solo mostrando il viso dell’armi (vorrebbe...) che con quel sopracciglio sinistro tendente al cielo diventa in realtà la maschera della sconfitta.
Vorrebbero strappargli un sorriso, non ci riesce neppure il Del Piero soccorritore ricordando i felici campionati trascorsi insieme alla Juve che per Ancelotti sono stati in verità solo i peggiori anni della sua vita d’allenatore. Già dal campo - un Defrel, due Defrel e quella meraviglia di Quagliarella - s’era colta la sua incazzatura. Con seguito televisivo. Mica ce l’aveva, alla Sarri, col fatturato avversario o con il posticipo rispetto all’anticipo della Juve; no, ce l’aveva col fantasma dell’opera, Verdi, con l’Insigne assente, con il Koulibaly ridimensionato a pazzariello: tutto giusto, e anche di peggio, s’è visto, ma la sua onestà gli avrà suggerito di fare e dire altrettanto - col sopracciglio furioso - davanti allo specchio. Ha ribadito, nei giorni scorsi. Il più vincente dei nostri tecnici, ch’è venuto a Napoli soprattutto per vivere un’avventura, rischi compresi, quasi per ringiovanire l’animo battagliero un po’ imborghesito, addolcito dal successo. Credevo che De Laurentiis, fra una posa cinematografica e l’altra, gli avesse spiegato che a Napoli il rischio è naturale, la voragine s’apre sotto i piedi che nemmeno te l’aspetti (è metafora, questa, le voragini vere sono romane, anche se imitatori ci sono dappertutto). Avrei sperato - con la mia ben nota presunzione - che De Laurentiis l’avesse avvertito del mio spirito persecutorio nei confronti dei turnoveristi che attacco impietoso fin dai tempi di Mazzarri. Coi fatti che mi danno sempre ragione. Il suo Napoli “truccato”, domenica ha fatto una figura peggiore della Ferrari: quando si pensa ai singoli, e ognuno pensa a se stesso, non si fa squadra ma solo confusione. S’è visto un Napoli scollato, disarmonico, inebetito davanti a una Sampdoria tutta squadra che faceva insieme tikitaka e contropiede. E gol. Si interroghi, dunque, Ancelotti, davanti allo specchio: non è il più bello del reame, ma neppure il più brutto (domenica sera a parte); e si dia una risposta sincera e ultimativa: se voglio concorrere a qualcosa devo rispettare il bel Napoli che ho ereditato. Come diceva Mazzarri - che poi si tradiva - i Titolarissimi.