In Russia, il Brasile punta dritto al sesto titolo mondiale. Un Mundial brasiliano, e qui, a Napoli, non stiamo con le mani in mani. Secondo fonti giornalistiche degne di fede, sta per nascere un Napoli Inglese. Il lungagnone pugliese di Lucera Roberto Inglese, 27 anni, tre centimetri più basso di Mandzukic, sei di Dzeko, ma due centimetri più alto di Icardi e Belotti, insomma 1,87, sarebbe la punta perforante del Napoli di Ancelotti. Si prevedono molti cross e si registrano contemporaneamente Benzema su “Scherzi a parte” e lo svenimento in panchina di Arkadiusz Milik, più giovane di tre anni. Roberto Inglese sarà il nuovo del Napoli, non grosso come Petagna, non micidiale come Immobile, longilineo come Pavoletti. Ragazzotto di belle pretese, negli ultimi tre anni non è stato a guardare (25 gol in 93 partite col Chievo). Pare che Ancelotti lo voglia tenere. Se lo tiene, lo fa giocare. L’entusiasmo è relativo perché Napoli è la città degli scettici azzurri. Molti avrebbero preferito Cristiano Ronaldo, ma il portoghese ha troppe fidanzate e troppe auto. Tempo fa, Aurelio De Laurentiis fece un moderato stalking cinematografico a Wanda Nara per attrarre Maurito Icardi, su esposo, nel Napoli. Balotelli ha uno spirito troppo bislacco per un Napoli quieto e tranquillo come sarà sotto la guida quieta e tranquilla di Ancelotti. Tifosi innamorati reclamano il ritorno di Cavani, ma si sa che Napoli non val bene una messa, Parigi si. Insomma, Roberto Inglese centravanti nel 4-2-3-1 di Ancelotti che, nei tre dietro, dovrebbe valutare a destra l’apporto tattico di Callejon, a sinistra non potrà fare a meno di Insigne e, al centro, dovrà piazzare Simone Verdi che è costato 25 milioni che sarebbero 50 miliardi ai tempi delle lire e di Maradona che costò 15 miliardi. E Mertens? Ecco il problema. Dries in Russia sta giocando esterno nel Belgio, ma non è contento. Gioca per la squadra, si sacrifica, lancia palloni volanti per Lukaku, piazza un gol d’autore. Vorrebbe essere più al centro del gioco. Ancelotti lo metterà al centro di che cosa? A Dimaro avremo le soluzioni a queste ambasce estive. Depennati i registi (via Jorginho, Hamsik chissà), un ragazzo di 22 anni, di baffetti gentili, ma di fisico imponente (1,89), un centimetro più basso di Cassius Clay, insomma Fabian Ruiz, guerrero andaluz, dovrà caricarsi “sulle spalle” la squadra in cui saranno aboliti il tique-taque, il walkie talkie e il triccheballacche. Basta con la palla dalla a me, che la do a te, che la dai a un altro. Darla è un gioco di signorine.
Avremo, questo è certo, un Napoli essenziale, primario, nodale, verticale. Concreto e non più irrequieto. Un Napoli di sostanza e di costanza. Obiettivi? Ti con zero. Basta sogni e bisogni, droni e non ci sono paragoni. Proprio il Mondiale russo sta esaltando il calcio dei vecchi tempi. Chi possiede la palla non possiede un tesoro se non sa come metterla dentro. Difese blindate e randellate. Il gioco degli specchi è morto oppure è gravemente ammalato. La Svezia è nei quarti di finale schierando vigorosi stangoni e giocando il pallone con la fionda. La Danimarca dei giocatori col fisico per poco non fregava la Croazia. L’Uruguay ha eliminato il Portogallo. La Russia, dal gioco più elementare che c’è, ha fatto fuori la Spagna. Persino il Brasile non fa più lo show. Diciotto brasiliani sui 23 della “rosa” mondiale giocano in Europa. Smantellati il juego bonito, la danza e i lapislazzuli. La difesa brasiliana ha retto mezz’ora di furore fisico dei serbi, venti minuti di coraggio offensivo del Messico. Come l’Uruguay, il Brasile ha incassato un solo gol in quattro partite (dallo svizzero Zuber). Ma è anche la nazionale che tira di più (73 conclusioni in quattro partite, 30 nello specchio della porta). Allora, proprio un Mundial brasiliano e un Napoli Inglese. Così è se vi pare. Ma, attenzione, del Dimaro non v’è certezza.