Maradona l'avevo visto da vicino quand'ero piccolo. Aggrappato alla rete del vecchio 'Centro Paradiso' di Soccavo, mi godevo le sue prodezze durante gli allenamenti che, a detta di molti, sono anche meglio delle perle regalate nelle gare ufficiali. Più di una volta, nel recuperare il pallone rotolato sui bordi del campo, Diego si era aggirato dalle mie parti, salutandomi con un sorriso che finiva per annegare i miei occhi in uno strato di lacrime. Erano sogni ricorrenti, in realtà a Soccavo non ci sono mai stato, purtroppo. E' avvenuto tutto dentro. Spesso, però, una visione, un pensiero è meglio della materialità. Sotto i sei anni gli uomini sanno accontentarsi, il pianto è solo voler toccare con mano l'immaterialità attraverso i genitori. L'ho visto allo stadio diverse volte, questo si, una fortuna non per tutti. Stamattina, invece, è scoccata l'ora a lungo attesa in cui i desideri prendono forma. L'argentino tascabile non è più quel ragazzo campione del mondo che, a capo del suo popolo, ha trascinato per i capelli gli avversari sul velluto delle sue giocate, o il campione d'Italia con la maglia azzurra numero 10, ma un mito internazionale in giacca e cravatta con gli occhiali da sole e il pizzetto spaccato in due colori (bianco sotto e nero sopra, che scempio visivo). La camminata è quella di sempre, sicura e sorretta dai colpi dei nemici avvinghiati alle caviglie. Ciò che non ti ammazza ti fortifica. Gli occhi, invece, stanchi. Avrà dormito poco travolto come è stato fino a tarda notte dai tanti tifosi che hanno invaso il lungomare nei pressi dell'Hotel in cui ha alloggiato. Ha risposto con cordialità a tutte le domande, anche a quelle scomode, ma su una, la mia, proprio la mia, ha toppato. A metà, ma ha toppato. Che disdetta! Dopo 'o friddo ncuoll' al suo arrivo, il gelo! Gli chiedo se uomini come lui e Massimo Troisi, miti che negli anni '80 hanno difeso e valorizzato Napoli, oggi mancano alla nostra città. Lui mi risponde che c'è Siani. "Non ho capito, scusi", avrebbe detto Totò. Non l'avessi mai fatta questa domanda. Come è possibile mettere sullo stesso piano un filosofo, attore, regista e autore che ha cancellato le cattiverie che si dicono su Napoli valorizzando il talento, il senso della vita, l'arte di cui il nostro popolo è capace, e un cabarettista contemporaneo, bravo in quanto tale, che nel suo ultimo 'film' ripropone, cavalcandolo, il solito clichè di una Napoli scroccona, socialmente depressa e bersaglio facile facile da dare ruffianamente in pasto ad un pubblico misto tra ingenui e detrattori. Un autogol pazzesco. Peccato che i comici di oggi non abbiano ben assimilato o compreso i messaggi di poeti raffinati come Massimo, ma anche di artisti rispettabili come Guido Palliggiano. Che amarezza! Maradona ha evidentemente la memoria corta, o forse non ha mai capito granchè di cinema, di arte vera. 'O friddo ncuollo. Troisi perdona loro perchè non sanno quello che dicono! A Diego, col mio animo di bambino aggrappato alle reti di Soccavo, nei sogni, ho perdonato sempre tutto. Forse sbagliando, forse no, ma gli innamorati sono così. Questa, però, da innamorato, non gliela perdono pur concedendogli attenuanti generiche. Maradona e Troisi si sono conosciuti e frequentati per un po', bastava un pensiero, un ricordo. Evitando di bestemmiare seppure in buona fede. L'immaterialità, i sogni dei bambini, sono spesso meglio della realtà. Ad ognuno la sua scelta...
"Diego, e quest' e quell' oh...E pure per te! I tuoi peccatori di prima, sempre zitti sotto".
luca cirillo